Fiat Ferriere - C.so Mortara, 7

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L’origine delle Ferriere Piemontesi è legata alla Vandel & C., azienda francese di Ferriére-sous-Jougne, che nel 1891 trasferisce ad Avigliana i propri stabilimenti per la costruzione di chiodi da scarpe, punte di Parigi e filo di ferro.

Nel 1896, con l’installazione di un forno Martin e di un laminatoio, la Vandel allarga le lavorazioni alla fabbricazione dell’acciaio e alla laminazione della vergella.

Nel 1899, dopo aver ampliato lo stabilimento, l’impresa muta ragione sociale e si trasforma in società anonima sotto la denominazione di Ferriere di Buttigliera Alta e di Avigliana.

La necessità di riuscire a fronteggiare la crescente domanda di lavorazioni da parte dell’industria piemontese, spinge la società a deliberare, nel 1906, la costruzione di un nuovo e capiente stabilimento a Torino: l’azienda prende il nome di Ferriere Piemontesi e il capitale sociale " è portato prima a 7.500.000 Lire e poi a 9.000.000 di Lire" [D. Velo, 1982].

Il complesso torinese, diventato operativo nel 1907, sorge nei pressi della Stazione Dora, sulle sponde dell’omonimo fiume, si estende su una superficie di circa 40.000 metri quadrati ed è dotato di un’acciaieria con quattro forni Martin Siemens da 16 tonnellate, di due forni elettrici tipo Bassanese, di tre laminatoi per la laminazione di profilati e di due treni interni.

Durante la prima guerra mondiale le Ferriere Piemontesi impiegano circa 550 operai e oltre alla fabbricazione di acciai speciali, producono anche una considerevole quantità di "acciai per parti d’armi e per proiettili" [Fiat, 1937], ospitando al loro interno, a partire dal 1915, anche un reparto della Fiat "per la fabbricazione di proiettili" [V. Castronovo, 1999].

Nel 1917, in pieno periodo bellico, la Fiat decide di entrare ad operare nel settore siderurgico e la chiave d’accesso più rapida è l’acquisizione del Gruppo Piemontese all’interno del quale operano importanti aziende metallurgiche che già svolgono un’opera di raccordo nel giro degli approvvigionamenti e delle sub forniture Fiat.

Tra queste vi sono proprio le Ferriere Piemontesi il cui passaggio nell’orbita della società di Corso Dante è annunciato dallo stesso Giovanni Agnelli nel corso dell’assemblea degli azionisti del 7 dicembre dello stesso anno ed è presentato come "uno dei più rilevanti affari che si siano conclusi durante la guerra e, come ben si comprende, le ragioni e gli scopi che l’hanno determinato gravitano tanto dalla parte della guerra, quanto dalla parte del dopoguerra". [V. Castronovo, 1971].

Infatti questa operazione permette alla Fiat di aggiudicarsi un’impresa specializzata non solo nella fonderia e nella produzione di acciai, ma anche nella realizzazione di macchine utensili, di parti per auto (ruote e cerchioni), di apparati elettrici e motori e di comparti per carrozzeria, facendo emergere la strategia sulla quale si basa lo sviluppo del gruppo torinese. Un disegno che da un lato si indirizza verso la produzione automobilistica, motoristica e aviatoria e dall’altro, come riportato su una pubblicazione ufficiale della società del 1917, "tende a risalire all’indietro, alle industrie preparatorie, a quelle che producono i pezzi grezzi, a quelle che provvedono alle materie prime". [V. Castronovo, 1971].

Al termine del conflitto mondiale la Fiat, seguendo un preciso programma di riconversione progettato fin dal 1916, definisce un intervento di ampliamento sul complesso di Corso Mortara che oltre all’acquisto di nuovi terreni e fabbricati prevede anche l’installazione di forni elettrici e attrezzature moderne (molte delle quali fatte arrivare dalla Germania). Questo piano porta così le Ferriere ad essere, nel 1920, uno stabilimento con un’estensione di 400.000 metri quadrati, che occupa circa 3.000 dipendenti e che è perfettamente in grado di provvedere "al completo fabbisogno di tutte le Officine della Fiat" [Fiat, 1937].

Nell’ottica di una politica di ingrandimento delle strutture legata all’incremento della produzione si provvede ancora, tra il 1925 e il 1927, ad un ulteriore potenziamento degli impianti e alla creazione di un’area attrezzata per la costruzione in serie di ogni tipo di molle, a cui segue, nei primi anni ’30, l’acquisto di ulteriori terreni edificabili che fanno delle Ferriere un vasto impianto che nel 1937 è tecnicamente diviso in quattro gruppi di reparti di produzione (acciaieria, laminatoi per profilati, laminatoi per tubi e lamiere, officine ausiliarie e di manutenzione e officina molle), "si sviluppa su un’area di circa 6.000.000 metri quadrati ed occupa circa 3500 operai " [Fiat, 1937].

Una manodopera destinata a crescere con l’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale: infatti i 3.500 dipendenti del 1937 diventano 4.788 nel 1942, 4.792 nel 1943, 4.577 nel 1944 e ben 4.800 nel 1945. All’incremento del personale non segue quello della produzione che nel corso del conflitto subisce invece una progressiva flessione raggiungendo livelli molto bassi che passano dalle 149.243 tonnellate di materiale finito prodotto nel 1941, a 139.202 nel 1942, fino a giungere ad appena 32.728 tonnellate nel 1945. [D. Velo, 1982].

Dall’inverno del 1942 si abbattono sugli impianti delle Ferriere i bombardamenti anglo americani che però provocano, nel complesso, danni relativamente modesti: le distruzioni belliche di maggiore entità sono causate dai tre attacchi del 20 novembre del 1942, del 13 luglio 1943 (che "danneggia gravemente le tettoie del reparto tubi, l’immobile forni ad alta frequenza, le tettoie del reparto fonderia ghisa, le tettoie dell’officina meccanica Dora, il magazzino deposito legnami e l’immobile reparto modellisti" [Intendenza di Finanza, Reparto VI, Danni di Guerra, Cartella N° 3389, fascicolo Immobili, incursione del 13/7/1943]) e del 25 aprile 1944 che distrugge completamente il "magazzino mattoni refrattari, il reparto centrifugazione trucioli e la rimessa locomotive" e sinistra "gravemente il reparto fucine acciai speciali" [Intendenza di Finanza, Reparto VI, Danni di Guerra, Cartella N° 3389, fascicolo Immobili, incursione del 25/4/1944].

Nello stesso periodo l’attività di opposizione al regime trova nella fabbrica uno dei principali centri nevralgici, grazie soprattutto alla presenza di un folto nucleo di operai piombinesi, (quasi tutti concentrati nel reparto laminatoi) arrivati a Torino subito dopo il 1922 perché costretti ad abbandonare la Toscana in seguito alle persecuzioni fasciste che, come ricorda un testimone, "ci avevano reso la vita impossibile" [G.Alasia, G. Carcano, M. Giovana, 1983].

Sarà proprio questo reparto il fulcro dell’opposizione al regime: infatti è da qui che si coordina la diffusione dei volantini e dei giornali clandestini (in particolar modo Il grido di Spartaco) nel resto dello stabilimento, è qui che scocca, nel marzo del 1943 e nei due anni successivi, la scintilla che porta alla fermata del lavoro di tutti gli impianti ed è sempre qui che nello stesso anno inizia ad operare la VII brigata Sap guidata dall’operaio anarchico Ilio Baroni.

Nell’aprile del 1944 si forma anche il Cln aziendale, che supporta le attività delle squadre Sap occupandosi soprattutto di provvedere alle esigenze dei lavoratori durante tutto il periodo insurrezionale, con la fornitura di quantitativi di "derrate alimentari sufficienti a soddisfare l’alimentazione indispensabile alle masse lavoratrici" [Verbali del Cln aziendale E/77/B] e con l’aiuto ai perseguitati politici "sovvenzionando le famiglie secondo le necessità individuali e la disponibilità esistenti" [Verbali del Cln aziendale E/77/B].

Inoltre il Cln aziendale fornisce anche una preziosa opera di supporto alle diverse formazioni partigiane provvedendo a fare delle Ferriere, dove "i fascisti evitano costantemente di entrare" [M. Pettini, 1996], uno dei rifugi più sicuri della città per tutti quei partigiani sbandati dalla montagna in seguito ai rastrellamenti e prossimi ad essere avviati ai nuovi distaccamenti.

Il mattino del 24 aprile 1945 i membri del Cln "si consideravano mobilitati procedendo immediatamente alla rimozione degli elementi collaborazionisti responsabili e alla formazione di un nuovo ordinamento tecnico e amministrativo dell’azienda" [Verbali del Cln aziendale E/77/B], la cui prima preoccupazione è quella di organizzare, insieme ai componenti della VII° Brigata Sap la difesa armata dello stabilimento.

Due giorni dopo, il 26 di aprile, le Ferriere vivono forse uno dei momenti più difficili di tutta la lotta di Liberazione: una colonna di carri armati tedeschi Tigre si posiziona nel piazzale della Stazione Dora e apre ripetutamente il fuoco contro i sappisti e gli operai che si trovano sia all’interno della fabbrica, sia lungo il corso della ferrovia dove sono state predisposte diverse postazioni. L’esigua quantità di armi in loro possesso rende difficoltosa la difesa che come ricorda un protagonista è approntata "come si poteva. Mettemmo le mitragliatrici su un camioncino e si andava avanti e indietro sparando un po’ da una parte e un po’ dall’altra. Volevamo dare l’illusione di averne più d’una" [G. Padovani, 1979].

Nonostante queste condizioni di estrema precarietà la resistenza agli attacchi tedeschi riesce e lo stabilimento è ancora in mano agli insorti che il 27 aprile possono anche contare sull’aiuto delle formazioni partigiane che iniziano ad arrivare in città e, il giorno successivo, Borgo Vittoria è praticamente libero.

I danni piuttosto modesti arrecati alle Ferriere dagli eventi bellici ed insurrezionali, permettono una ripresa della produzione quasi immediata, che dai ritmi lenti del 1946 (con circa 82.876 tonnellate di materia prima prodotta) passa a quelli decisamente sostenuti del 1947 quando le 186.669 tonnellate (valori molto vicini a quelli del periodo prebellico) indicano il ritorno al pieno funzionamento degli impianti.

Le Ferriere Fiat continuano a lavorare con questa denominazione fino al 1978, anno in cui è costituita la Teksid, azienda che raggruppa tutte le attività metallurgiche e siderurgiche della Fiat e che, nel 1982, è assorbita dalla Finsider, gruppo facente capo alle Partecipazioni Statali.


Fonti citate:

Archivio:

Archivio di Stato di Torino, Intendenza di Finanza, Reparto VI, Danni di Guerra, Cartella N° 3389, fascicolo Immobili, incursione del 13/7/1943;

Archivio di Stato di Torino, Intendenza di Finanza, Reparto VI, Danni di Guerra, Cartella N° 3389, fascicolo Immobili, incursione del 25/4/1944;

Archivio Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea, Verbali del Cln aziendale E/77/B;

Archivio storico Fiat, Danni di guerra, fascicolo 9;

Bibliografia essenziale:

V. Castronovo, Giovanni Agnelli, Utet, Torino, 1971; [p. 135; 136];

V. Castronovo, Fiat 1899-1999: un secolo di storia italiana, Rizzoli, Milano, 1999, [p.96];

D. Velo, La strategia Fiat nel settore siderurgico 1917/1982, Eco, Torino, 1982 [p.13;35]

Fiat, Le Ferriere Piemontesi, opuscolo del 1937 reperibile presso l’Archivio Storico Fiat, fascicolo 15, Società ed Enti diversi, Ferriere Piemontesi e Società Anonima Metalli; [p. 7; 8];

Archivio Storico Fiat, Fiat: le fasi della crescita. Tempi e cifre dello sviluppo aziendale, Scriptorium, Torino, 1996;

Fiat, Le ali della Fiat, opuscolo celebrativo (senza data di pubblicazione) di tutti gli stabilimenti Fiat conservato presso l’Archivio storico Fiat;

Anno Decimo, Glorie e lavoro del Piemonte a cura del PNF di Torino, anno 1932;

G.Alasia, G.Carcano, M. Giovana, Un giorno del ’43. La classe operaia sciopera, Gruppo Editoriale Piemonte, Torino, 1983; [p.124];

M. Pettini, VIII Brigata S.A.P. "Osvaldo Alasonatti", A.N.P.I. Comitato di Zona V Circoscrizione, Torino, 1996 [p.35];

G. Padovani, La liberazione di Torino, Sperling&Kupper Editori, Milano, 1979; [p.167];

R. Luraghi, Il movimento operaio torinese durante la Resistenza, Einaudi, Torino, 1958.

 
       
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