Lancia - Via Monginevro, 99/101

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Il 29 novembre del 1906, Vincenzo Lancia, figlio di Giuseppe, un imprenditore conserviero entrato a pieno titolo nell’élite della borghesia torinese, dà vita insieme a Claudio Fogolin (un ex collaudatore della Fiat) alla Lancia e C., società in nome collettivo. L’area idonea ad accogliere lo stabilimento è individuata nella zona sud della città, precisamente nell’isolato compreso tra le vie Ormea e Donizetti (rispettivamente ai numeri civici 89 e 91), nei locali dell’Itala, altra fabbrica automobilistica trasferitasi qualche mese prima ad Orbassano.

Dopo il lancio della HP12, primo modello dell’azienda, verso la fine del 1907, la Lancia conosce una fase di progressiva crescita, testimoniata anche dall’acquisizione di nuovi locali destinati alla produzione: nel 1908 all’originaria officina di via Ormea si affianca uno stabile in corso Dante destinato al collaudo dei veicoli e due anni più tardi, nel 1910, l’impresa può contare su un proficuo patrimonio immobiliare, ovvero l’intero isolato compreso tra le vie Donizetti, Petrarca, Ormea e Pietro Giuria.

In questi primi anni la fabbrica, priva delle sezioni di fonderia e carrozzeria e suddivisa in tre reparti distinti (officina macchine utensili, montaggio e reparto motori), non riesce a raggiungere elevati livelli produttivi: 131 autovetture nel 1908, 150 nel 1909 e 258 nel 1910 (la Fiat, nello stesso anno arriva a produrne 1.698). Questi dati, uniti al numero ridotto delle maestranze impiegate (appena 70 nel 1907) danno l’idea di come la Lancia fosse più vicina ad essere una realtà artigiana piuttosto che industriale.

Il definitivo consolidamento industriale dell’azienda avviene nel secondo decennio del XX secolo, quando, liberata grazie alla maggior diffusione dell’elettricità dai vincoli di localizzazione dovuti alla dipendenza dalla forza motrice dell’energia idraulica e attratta dai vantaggi derivanti dall’esenzione daziaria, la Lancia decide di insediarsi in Borgo San Paolo, zona cittadina al di là della cinta daziaria.

Vincenzo Lancia acquista così da due aziende in liquidazione (la Fides e la Roy Scaiola) tre lotti compresi tra via Monginevro 99/101, via Pollenzo 80/87 e via Cumiana 17, insieme ad altri terreni adiacenti alla via Cumiana e compresi tra i Corsi Peschiera, Racconigi e la futura via Envie, iniziando, nell’ottica di un lungimirante progetto di sviluppo, quella che sarà in quasi trent’anni (tra il 1911 e il 1939) una lenta e progressiva espansione immobiliare della fabbrica sul territorio del borgo.

L’insediamento di via Monginevro è destinato ad ospitare un ufficio tecnico, un ufficio contabilità e cassa, i reparti produttivi e l’officina generale; in quello di via Cumiana è collocato il reparto carrozzeria, mentre l’area di via Pollenzo (arricchita da altre acquisizioni immobiliari nelle vie Caraglio, Limone, Montenegro e San Bernardino) è inizialmente adibita a deposito di materiali vari dello stabilimento di via Monginevro e poi a rimessaggio di autoveicoli (spazio compreso tra via Limone e via Montenegro).

Questa fase di crescita sul territorio è accompagnata da un incremento della manodopera (nel 1911 gli operai sono 390 e arrivano ad essere 469 nel 1914) e della produzione (nel 1911 si costruiscono 357 veicoli che diventano 457 nel 1914).

Lo scoppio del primo conflitto mondiale e il conseguente aumento della domanda di veicoli militari da parte dello Stato rende necessario anche per la Lancia (che occupa circa 600 dipendenti) avviare una produzione collegata alle esigenze belliche e, il 27 novembre 1915, un decreto dichiara lo stabilimento ausiliario. Durante il periodo bellico lo sforzo dell’azienda si concentra maggiormente sulla produzione di autoveicoli e, soprattutto di autocarri: tra il 1915 e il 1917 il numero di vetture prodotte è di circa 400, ma diminuisce sensibilmente nel 1918 (appena 35 unità), mentre, viceversa, aumenta la produzione di camion che passano dai 118 del 1915 agli 859 del 1918. La Lancia tenta anche di dedicarsi alla produzione dei motori per aerei senza mai riuscire a progettare (tranne che nel 1918, anno i cui il conflitto è oramai alla fine) un buon motore e a dare a questa attività un vero e proprio risvolto industriale.

In realtà il contributo della Lancia alla produzione bellica è tutt’altro che degno di nota: infatti degli 80.000 veicoli prodotti dall’intera industria italiana, sono appena 3.000 quelli che escono dalle officine di via Monginevro, cifra che comunque permette, al termine del conflitto, un ulteriore ingrandimento dei fabbricati e dei reparti dello stabilimento.

Dopo la guerra mondiale la Lancia non si trova (diversamente a quanto accade per altre imprese) a dover affrontare il problema della riconversione visto che gli impianti, per tutta la durata del conflitto, hanno continuato a svolgere una produzione "doppia" che accanto alla fabbricazione di autocarri prevede anche quella di autovetture. Gli anni che vanno dal 1919 al 1922 rappresentano dal punto di vista produttivo un periodo di grande instabilità. Inoltre arrivano anche alla Lancia gli echi del biennio rosso che culmineranno, nel 1920, nell’occupazione delle fabbriche, che interesserà lo stabilimento di via Monginevro (caratterizzato da una forza lavoro composta quasi esclusivamente da operai specializzati consci delle loro capacità professionali e uniti da una fortissima solidarietà di mestiere) proprio nella sua fase conclusiva, se è vero che il nome della Lancia compare per la prima volta sulle pagine de «La Stampa», attento osservatore della realtà torinese, solo nel mese di ottobre, ovvero ad un passo dalla chiusura delle trattative.

Dopo questo periodo ha inizio per la Lancia una fase di vero e proprio consolidamento: una produzione che fa leva sulla realizzazione di prodotti con un elevato standard qualitativo porta l’azienda ad una marcata impennata degli utili che dal 1922 al 1925 raddoppiano ogni anno. Questa situazione di prosperità si mantiene tale anche negli anni ’30, quando la casa di via Monginevro si dedica non solo alla produzione di vetture (nei primi anni ‘30 fa la sua comparsa sul mercato l’Augusta, auto di grande successo) ma anche a quella di autocarri, veicoli industriali e per trasporto passeggeri.

Nel 1935 le commesse militari per la guerra d’Etiopia e la ripresa di una politica di riarmo da parte del governo italiano segnano per l’azienda una svolta radicale: lo Stato diventa il maggior committente e la produzione bellica (principalmente la fabbricazione di autocarri) arriva a rappresentare, specialmente negli anni del conflitto mondiale, la principale attività dello stabilimento.

Dalla fine del 1942 la Lancia inizia però a dover fare i conti con i bombardamenti alleati che causano ingenti danni a strutture, immobili e ai macchinari: secondo un atto notarile redatto dai vertici aziendali nel 1944, le prime incursioni si verificano tra il 18, il 20 e il 28 novembre 1942. Gli incendi provocati dalla caduta di bombe e spezzoni incendiari [Intendenza di Finanza, Reparto VI, Danni di Guerra, Cartella 3423], danneggiano la sezione esperienze e il reparto carrozzeria dello stabilimento di corso Peschiera angolo corso Racconigi, il deposito di via Envie (dove sono distrutti 10 autocarri militari e di un autotelaio di tipo civile), il magazzino materiali ausiliari e le Officine 12 e 13 del complesso di via Monginevro 99.

Gli attacchi alleati continuano anche nel 1943 e nel 1944. Nel 1943 la Lancia che occupa 6872 dipendenti e che è dichiarata dai tedeschi ditta protetta (nei due anni di occupazione germanica lo stabilimento produrrà per l’esercito tedesco autocarri, autoblinde e numerosi parti di ricambio) subisce il peso di altri bombardamenti: il 4 febbraio 1943 è colpita la rimessa vetture all’interno del fabbricato compreso tra le vie Limone, Caraglio e Montenegro, mentre il 16 e il 18 agosto è centrato lo stabilimento di V. Monginevro che subisce notevoli danni agli impianti.

L’anno successivo, il 4 giugno, lo scoppio di due bombe dirompenti causa gravi danni all’edificio di via Monginevro 99 provocando lo sfondamento e il crollo "della parte di fabbricato dove hanno sede l’ufficio magazzini ausiliari, il reparto ingranaggi, i magazzini materiali ausiliari, e i magazzini transito materiali" [ivi].

La difficile situazione che si presenta negli ultimi anni del conflitto mondiale si ripercuote soprattutto sulla manodopera che, a partire dal 1942, subisce una flessione: 7026 impiegati nel 1942, 6872 nel 1943, 6669 nel 1944 fino ad arrivare ai 4395 del 1945.

Tra il 1943 e il 1945 le maestranze della Lancia partecipano attivamente alle lotte che vedono impiegati tutti i lavoratori torinesi.

Nel marzo del 1943 entrano in sciopero il giorno 11, in ritardo rispetto ad altri stabilimenti torinesi, ma lo fanno in modo compatto: la protesta inizia dall’officina 13 e si estende a tutti gli altri reparti, mentre sulla facciata dello stabilimento compare la scritta Abbasso la guerra, vogliamo pace e pane! [Alasia 1983]. La repressione fascista non tarda però ad arrivare se è vero che un documento della commissione di epurazione dell’azienda, datato 17 dicembre 1945, rivela come un dirigente dell’Ufficio Politico del Maramotti , il circolo fascista di borgo San Paolo, "durante lo sciopero del marzo 1943, si reca con il Vice Federale Giay in diversi reparti imponendo la ripresa del lavoro schiaffeggiando e prendendo a calci operai che non volevano obbidire. Si reca poi con il maggiore Comoglio, ispettore di disciplina, nei reparti a scegliere gli operai a cui togliere l’esonero e farli incorporare nell’esercito" [Aisrp, E 81 a].

Le lotte degli operai della Lancia seguono il flusso di quelle dei lavoratori torinesi anche negli anni seguenti, dallo sciopero generale del 1° marzo del 1944, a quelli del giugno e del novembre dello stesso anno che precedono quello generale del 18 aprile 1945 (dove i lavoratori dell’azienda si uniscono agli altri di Borgo San Paolo dando vita ad un grande corteo), prova generale dell’insurrezione cittadina del 26 aprile.

Tra gli operai della Lancia, il malcontento nei confronti del fascismo è fortemente radicato e trova sfogo, oltre che nello sciopero, in altri gesti semplici, costanti e simbolici ma, soprattutto, di difficile controllo da parte del potere: giochi, barzellette, slogan scritti sui muri, canzoni e disegni, che criticano ed irridono il regime che riesce così ad ottenere solo una fedeltà di facciata, di parvenza, senza mai avere il pieno controllo della situazione all’interno dello stabilimento.

E proprio in questo senso va interpretata una scherzosa parodia del nome del duce incisa con un chiodo sulle pareti del gabinetto di un’officina del complesso di via Monginevro che recita quanto segue: «Morirai/ Ucciso/ Seconda/ Settimana/ Ottobre/ Liberando/ Intera/ Nazione/ Italiana» [Passerini 1984].

L’avversità al regime sembra però non toccare solamente le maestranze. Le relazioni dei Cln aziendali rivelano infatti un altro fenomeno di grande importanza, e cioè la collaborazione della proprietà per favorire in ogni modo la Resistenza. Il Cln aziendale si costituisce nel marzo del 1944 e, in aprile, prende i primi contatti ufficiali con i vertici aziendali ai quali chiede di collaborare nelle attività inerenti la lotta di liberazione. Si provvede così ad appoggiare le azioni partigiane in vari modi: "fornitura alle formazioni partigiane di mezzi di trasporto, lubrificanti, carburanti, e parti sciolte, assistenza finanziaria della ditta al CLN piemontese e agli elementi perseguitati e piena collaborazione nella protezione degli impianti e delle maestranze" [Aisrp, E 81 a].

La collaborazione tra proprietà aziendale e partigiani diventa pressoché totale nei giorni dell’insurrezione quando tutta l’attrezzatura Lancia (comprese le dispense) è messa "a disposizione delle forze partigiane, onde portare loro il massimo e urgente aiuto" [Aisrp, E 81 b].

All’inizio del turno pomeridiano del 25 aprile 1945, il Cln assume il pieno controllo dello stabilimento che è occupato dagli operai (circa 110 unità), coadiuvati dal prezioso aiuto di gapisti e sapisti che provvedono all’arresto dei fascisti presenti in fabbrica. Verso sera si concretizza la reazione nazifascista: "dopo aver circondato lo stabilimento due autoblinde, un carro armato e un camioncino con circa 200 repubblicani della X Mas irrompe nello stabilimento, arresta i pochi dipendenti che non erano riusciti a sfollare e all’alba abbandona la zona". [Rapporto segreteria del Cln Lancia del 25/4/1945, Aisrp, E 81 a].

Il mattino seguente, gli operai rientrano al lavoro e verso le 10 antimeridiane rioccupano il complesso di via Monginevro: iniziano così i due giorni più delicati dell’insurrezione della Lancia, visto che tra il 26 e il 27 la fabbrica è teatro di cruenti scontri a fuoco (il 26 aprile in una sparatoria muore una donna e viene ferito un giovane) tra le forze nazifasciste e i partigiani, che riusciranno comunque a mantenere la difesa dello stabilimento e a portare a termine, con successo, l’insurrezione. Terminati i combattimenti, il 10 maggio del 1945 la Lancia può riprendere la piena funzionalità.


Fonti citate

Archivio:

Archivio Istituto piemontese per la storia della resistenza e della società contemporanea (Aisrp), b. E 81, fasc. b, sottofasc. 47, Relazione della commissione di epurazione della Lancia del 17 dicembre 1945; b. E 81, fasc. a, Relazione del CLN Lancia del 25 agosto 1945; Rapporto segreteria del Cln Lancia del 25/4/1945 e del 27/4/1945;

Archivio di Stato di Torino, Intendenza di Finanza, Reparto VI, Danni di Guerra, Cartella 3423, Atto di notorietà per il rimborso dei danni causati dalle bombe compilato il 21/1/1944 davanti al Regio Notaio Silvio Mandelli da Giuseppe Cariglio, capo reparto, Vittorio Jano, dirigente industriale, e Francesco Lancia, impiegato (definiti nell’atto "cittadini italiani e di razza ariana); Cartella 3425.

G. Alasia, G. Carcano, M. Giovana, Un giorno del ’43. La classe operaia sciopera, Gruppo Editoriale Piemonte, Torino, 1983, [p.181];

Bibliografia essenziale:

F. Amatori, Impresa e mercato. Lancia 1906-1969, in Storia della Lancia. Impresa tecnologia e mercati, 1906-1909, Fabbri, Milano, 1992;

F. Amatori, Per una storia economica della Lancia, in Le carte scoperte. Documenti raccolti e ordinati per un archivio storico della Lancia, Franco Angeli, Milano, 1990;

F. Baptiste, M. T. De Palma, La Fabbrica e il territorio urbano, in Storia della Lancia. Impresa tecnologia e mercati, 1906-1909, Fabbri, Milano, 1992;

G. Berta, Cinquant’anni di relazioni industriali alla Lancia (1919-1969), in Storia della Lancia. Impresa tecnologia e mercati, 1906-1909, Fabbri, Milano, 1992;

A.Barocci, La fabbrica di Borgo San Paolo dalle origini al 1939, in Le carte scoperte. Documenti raccolti e ordinati per un archivio storico della Lancia, Franco Angeli, Milano, 1990;

A. D. Foschi, La parabola storica della Lancia attraverso la lettura dei bilanci, in Le carte scoperte. Documenti raccolti e ordinati per un archivio storico della Lancia, Franco Angeli, Milano, 1990;

Fiat: le fasi della crescita. Tempi e cifre dello sviluppo aziendale, a cura dell’Archivio Storico Fiat, Scriptorium, Torino, 1996;

L. Passerini, Torino operaia e fascismo, Laterza, Bari, 1984, [p.110];

U. Massola, Gli scioperi del ’43. Le fabbriche contro il fascismo, Editori Riuniti, Roma, 1973;

R. Luraghi, Il movimento operaio torinese durante la Resistenza, Einaudi, Torino, 1958

G. Padovani, La liberazione di Torino, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 1979

 
       
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