Società Anonima Fonderie Officine Vanchiglia (Safov) - Via Buniva, 26

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Il 29 ottobre del 1920 l’ingegner Attilio Errera, l’ingegner Alessandro Pugliese e i fratelli Martina Cavalier Giovanni e Cavalier Giuseppe, danno vita alla "Società esercizio officine e fonderie G. Martina e figli", una società in accomandita semplice, con sede sociale e stabilimento nel rione di Vanchiglia (rispettivamente in Via Balbo 9 e Corso Regina Margherita 50) e avente come oggetto "l’esercizio dell’industria meccanica e metallurgica" [Atto notarile del Regio notaio Annibale Germano, 19 novembre 1928].

Nel novembre del 1925 l’ingegner Errera abbandona l’azienda e due anni più tardi, il 10 marzo del 1927, muore il Cavalier Giuseppe Martina. Sue eredi universali sono le due nipoti, Luigina e Carlottina Martina che decidono, insieme agli altri due soci di modificare la ragione sociale dell’azienda. Così, il 19 novembre 1928, davanti al Regio notaio Annibale Germano, la Società esercizio officine e fonderie G. Martina e figli si trasforma in società per azioni e assume la nuova denominazione di Società anonima fonderie officine Vanchiglia (Safov), che mantiene lo stesso oggetto sociale, la medesima sede e può contare su un capitale sociale di Lire 600.000 diviso in 1.200 azioni da 500 Lire cadauna.

Il 6 dicembre del 1928 si tiene negli uffici dell’azienda il primo Consiglio di Amministrazione che delibera un immediato aumento del capitale sociale, portato così alla somma di Lire 1.600.000, mediante un’emissione di 2.000 azioni da Lire 500 l’una.

L’analisi dei verbali dei Consigli di Amministrazione fornisce un’attenta panoramica della situazione finanziaria dell’impresa che si mantiene su valori critici fino al 1937. Infatti dal 1932 al 1937 i bilanci della Safov si chiudono spesso in passivo oppure con un utile tale da non permettere di "ricavare dall’esercizio industriale alcuna remunerazione al capitale investito" [Verbale del Consiglio di Amministrazione, 30 marzo 1933]. Per la fabbrica, l’anno di maggiore crisi è il 1933, che si chiude con un passivo di Lire 214.232, cifra considerata nel corso di un’assemblea degli azionisti del 31 marzo del 1934, "la più onerosa tra quelle realizzate dalla società" [Verbale del Consiglio di Amministrazione, 31 marzo 1934]. Secondo gli azionisti le cause di questa situazione vanno ricercate principalmente nel progressivo ribasso dei prezzi di vendita dei prodotti della Safov, che, come si legge tra le righe del verbale, "avrà sicuramente un’avvenire migliore in linea con l’alta tradizione della società"[Verbale del Consiglio di Amministrazione, 31 marzo 1934].

In effetti, dopo altri anni di crisi (nel 1935 e 1936 il bilancio si chiude in attivo ma con degli utili di valore molto basso), segnali di ripresa si hanno a partire dal 1937,quando i vertici societari decidono di investire nuove risorse nei macchinari (diventati oramai desueti) per diminuire i costi di produzione e migliorare l’organizzazione aziendale, in modo tale da riuscire a far fronte "alle future richieste che in un prossimo futuro perverranno dal vasto mercato che il genio del duce ha assicurato al nostro paese" [Verbale del Consiglio di Amministrazione, 30 marzo 1937].

Tra il 1937 e il 1941 la Safov sembra uscire dalle difficoltà: le entrate annuali sono consistenti e permettono di procedere ad un progressivo rinnovamento dei macchinari e degli impianti.

Nel 1942 l’impresa trasferisce il proprio stabilimento in Via Buniva 26. Il trasloco avviene dopo la vendita del vecchio stabile di Corso Regina Margherita 50 alla Società del gas, certificata in un atto del tribunale di Torino del 10 settembre 1942. La Safov ricava dalla cessione dell’immobile la somma di Lire 1.200.000, cifra piuttosto elevata e considerata, dai vertici aziendali, idonea a sostenere le forti spese per "la nuova sistemazione degli impianti in altra sede" [Tribunale di Torino del 10 settembre 1942]. Una nuova sede che sorge nel cuore del borgo Vanchiglia, a breve distanza dalla prima, e precisamente al numero civico 26 di Via Buniva, dove è stato acquistato uno stabile "adatto ad accogliere le esigenze dell’azienda" [Tribunale di Torino del 10 settembre 1942].

Il trasferimento dell’attività nella nuova sede coincide con un periodo di ritrovata floridità economica dovuta soprattutto all’aumento delle commesse di guerra che, nel 1942, aumentano i crediti dello Stato per forniture belliche alla somma di Lire 2600784.

Nel 1943 la Safov inizia ad incontrare notevoli difficoltà nella produzione a causa dei disagi provocati dagli eventi bellici. Primi tra tutti i bombardamenti aerei che si abbattono nel corso dell’anno sullo stabilimento causando enormi disagi. Le bombe infatti colpiscono sensibilmente la fabbrica, danneggiando sia gli immobili che gli impianti pregiudicando così " il normale svolgersi della produzione e ponendo alla direzione il compito della sostituzione delle macchine distrutte e del ripristino/riparazione degli stabili, degli attrezzi e dei macchinari danneggiati, alfine di ridurre al minimo l’allentamento della produzione, in special modo quella connessa agli enti militari con termini di consegna urgentissima" [Verbale del Consiglio di Amministrazione, 30 marzo 1944].

A giudicare dalla lettura dei verbali del Consiglio di Amministrazione la situazione non sembra migliorare nemmeno l’anno successivo, quando i bombardamenti, le limitazioni sul consumo di energia elettrica e le difficoltà di riscaldamento, costringono lo stabilimento ad effettuare "orari settimanali estremamente ridotti e ad abbassare i ritmi della produzione, con la conseguente perdita sul bilancio di Lire 525.250" [Verbale del Consiglio di Amministrazione, 29 agosto 1945].

Durante l’occupazione tedesca, nonostante le difficoltà appena citate, l’azienda si impegna comunque a mantenere un minimo quantitativo di produzione per evitare "il licenziamento di personale che, privato dalle autorità germaniche del proprio lasciapassare d’obbligo, avrebbe visto essere in pericolo la propria libertà individuale" [Verbale del Consiglio di Amministrazione, 29 agosto 1945]. Ecco così dare avvio a nuovi tipi di lavorazione di carattere prettamente civile: argani per edilizia, ascensori, montacarichi, timonerie per navi e macchine utensili, materiali che oltre a mettere in salvo gran parte della maestranza hanno anche permesso, "valutati nell’inventario nella voce merci in corso di lavorazione, di contenere la perdita dell’esercizio" [Verbale del Consiglio di Amministrazione, 29 agosto 1945].

Nel 1945, durante gli ultimi mesi di guerra, la Safov continua a concentrare principalmente la propria produzione su questo tipo di lavorazioni per continuare a mantenere in attività il proprio apparato produttivo e, soprattutto, "per garantire ai nostri dipendenti la sicurezza, senza renderli passibili di licenziamento" [Verbale del Consiglio di Amministrazione, 2 maggio 1946]. Dipendenti ai quali la direzione concede anche sovvenzioni in denaro e in natura (il funzionamento dello spaccio e della mensa aziendale, come luoghi dove reperire generi alimentari) e sui quali fa grosso affidamento per il rilancio economico del dopoguerra, dato quasi per assodato: per un’azienda che possiede "uno stabilimento in perfetta efficienza e può contare su una maestranza esperta e affezionata, la ripresa sarà certamente immancabile" [Verbale del Consiglio di Amministrazione, 2 maggio 1946].


Fonti citate

Archivio:

Camera di Commercio di Torino, fondo Safov, 688/1920 (anni 1925/1956);

Documenti utilizzati:

Atto notarile del Regio notaio Annibale Germano, 19 novembre 1928;

Atto del Tribunale di Torino, 10 settembre 1942;

Atto notarile,13/7/43;

Verbale del Consiglio di Amministrazione, 30 marzo 1933;

Verbale del Consiglio di Amministrazione, 31 marzo 1934;

Verbale del Consiglio di Amministrazione, 30 marzo 1937;

Verbale del Consiglio di Amministrazione, 30 marzo 1943;

Verbale del Consiglio di Amministrazione, 30 marzo 1944;

Verbale del Consiglio di Amministrazione, 29 agosto 1945;

Verbale del Consiglio di Amministrazione, 2 maggio 1946.

 
       
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