Officine Viberti - corso Peschiera, 249

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Nel 1922 Candido Viberti, un ex dipendente della Società Nazionale Officine di Savigliano, dà vita con due soci alla Carrozzeria Vittoria, acquistando un capannone di pochi metri quadrati appena sufficiente ad accogliere le attrezzature di lavoro e qualche decina di operai. La piccola officina, situata in Borgo Vittoria, alla periferia di Torino, produce i primi modelli di automobili che incontrano i favori di Giovanni Ceirano, pionere dell’industria automobilistica italiana e proprietario della Scat (Società Ceirano Automobili Torino). Nel 1924 Ceirano commissiona a Viberti lo studio della carrozzeria di un nuovo autotelaio, il "C 150" (l’auto che passerà alla storia con il nome di "Ceiranina") destinato ad avere un enorme successo. Ceirano rimane favorevolmente colpito dalle intuizioni e dal lavoro di Viberti e decide di assumerlo affidandogli la direzione della carrozzeria della Scat.

Nel 1928 la Fiat assorbe la Scat e Viberti, che dopo anni di lavoro ha maturato una certa esperienza, decide di tentare il grande salto fondando la ditta individuale Candido Viberti.

La sede dell’azienda è quella del vecchio complesso Scat, in via Sant’Antonino, nel cuore di Borgo San Paolo: si estende su una superficie di circa 8.000 metri quadrati ed occupa circa 150 operai. Si tratta del primo vero complesso industriale per la costruzione di carrozzerie e di autoveicoli industriali. Infatti, dopo la breve parentesi automobilistica, Viberti decide di dedicarsi a questo tipo di lavorazione (autobotti, autobus, rimorchi, semirimorchi, carrozzerie speciali, filobus, autocarri), convinto (a ragione) del crescente sviluppo di questo genere di prodotto.

Nel 1932 la Viberti lega il suo marchio ad un mezzo che farà la storia del trasporto: nasce infatti quello che per anni rappresenterà uno dei tratti distintivi della produzione aziendale, ovvero il rimorchio da accodare agli autocarri.

Da questo momento in poi la fabbrica conosce un periodo di florida e costante espansione che, nel 1935, rende quasi inevitabile il trasferimento in una sede più ampia individuata nei locali della ex fabbrica di automobili Ansaldo: un complesso di circa 70.000 metri quadrati, situato in corso Peschiera, sempre nel quartiere San Paolo, che impiega circa 800 operai.

L’anno successivo segna un’altra tappa fondamentale nella storia della Viberti: l’azienda acquisisce la Saiv, una società veronese nata nel 1923 e specializzata nella produzione di autobotti. E’ un’importante mossa strategica che consente alla società torinese di ampliare il raggio della propria produzione: infatti, nel 1937, la Viberti inizia a costruire in serie i rifornitori di carburante per aerei, un settore nel quale si specializzerà con il trascorrere degli anni.

Ne 1940 l’Italia entra in guerra e i Ministeri Militari affidano allo stabilimento di corso Peschiera (che nel 1943 occupa 1517 operai e 263 impiegati) la costruzione di grosse quantità di "rimorchi con cassoni speciali per trasporti di liquidi e carburante per l’esercito, la marina e l’aviazione e quella di svariati mezzi di trasporto destinati ad usi diversi (carri officina, ambulanza rimorchio per trasporti, ecc)" [Intendenza di Finanza, Reparto VI, Danni di Guerra, Cartella 3442]. Una produzione che la direzione cerca sempre di mantenere elevata, con "premi, incitamenti, riunendo i capi officina, e minacciando direttamente di rappresaglia quei lavoratori che tentano di boicottare la produzione." [Aisrp, E 86 c].

Una scelta,questa, dettata in parte anche dagli ottimi rapporti che l’azienda sembra avere con gli esponenti del regime. Un interessante rapporto del Cln aziendale datato 3 maggio 1945 mette in luce i legami esistenti tra la direzione della fabbrica e il fascismo. Si tratta, sembra, di relazioni di vecchia data, se è vero che fin "dagli anni 1931 e 1932 la direzione esercita pressioni fortissime su tutti i suoi dipendenti per l’iscrizione al P.N.F, e provvede anche a compilare la domanda per tutti quei dipendenti che non trovano il coraggio di rifiutarsi esplicitamente" [ivi]. Ma si tratta anche di rapporti di natura economica, visto che "il Commendator Viberti ha largamente sovvenzionato il circolo rionale fascista Gustavo Doglia ed ha versato notevoli somme di denaro ai vari segretari federali recatisi a visitare lo stabilimento. Tali versamenti sono essenzialmente serviti per metterlo in luce favorevole per la felice conclusione di favorevoli contratti con le autorità fasciste e militari romane" [ivi].

L’immagine di una direzione rigida e severa traspare anche dalle testimonianze di due operai che ricordano gli scioperi del 1943 e del 1944: "Invito le maestranze a non dare ascolto ai sobillatori, invito tutti coloro che sono a conoscenza di qualcuno di essi a segnalarmelo, che provvederò io stesso a alla denuncia per l’invio ai campi di concentramento in Polonia. Vi avverto che sono stato in Prefettura e che ho trovato la forza pubblica pronta a reprimere ogni movimento sobillatore [ivi]. Sono queste, ad esempio, le parole pronunciate da Candido Viberti nel cortile della fabbrica subito dopo le agitazioni del dicembre 1943, quando, "in seguito alla pressione esercitata dalla direzione che raccomanda ai capi officina di segnalare gli elementi indesiderabili" [ivi] sono licenziati 90 dipendenti.

Con la guerra non arrivano solamente le commesse militari, ma anche i bombardamenti che si abbattono sull’azienda con conseguenze devastanti.

Lo stabilimento di corso Peschiera 249 dove si concentra tutta l’attrezzatura industriale, "comprensiva del macchinario, deposito di materie prime, scorte di materiale, lavorazione finita e lavorazione in corso" [Intendenza di Finanza, Reparto VI, Danni di Guerra, Cartella 3442] e il capannone di via S. Ambrogio 5 (completamente distrutto dalle bombe) adibito a magazzino rimorchi, subiscono tra il 1942 e il 1945 quattro bombardamenti (per la precisione il 28 novembre 1942, il 13 luglio 1943, 25 luglio 1944, e il 25 luglio 1945) che provocano ingenti danni alle attrezzature industriali, alle scorte di materie prime, e ai materiali di tutti i reparti "dove viene costruita tutta la varissima gamma della produzione industriale" mettendo "a dura prova la capacità produttiva dell’azienda compromettendone anche ogni futura possibilità di ripresa" [ivi].

Nella primavera del 1945, durante la fase finale della lotta di Liberazione, la fabbrica è presidiata dagli operai che, dalla mattina del 26 aprile, assumono immediatamente la protezione dello stabilimento. Il 27 aprile alla Viberti si combatte; ecco la cronaca di quei momenti: "verso mezzogiorno appare dinnanzi allo stabilimento un gruppo di tre carri armati tedeschi che iniziano a cannoneggiare. Dall’interno si risponde con i pochi mezzi a disposizione. Dopo circa tre ore di presenza nella zona i carri si allontanano lasciando purtroppo sul terreno tre vittime. Il resto della giornata trascorre calmo e a sera giungono le prime formazione di patrioti i quali, in numero di circa 300 pernottano nello stabilimento e ne assumono la difesa. Nulla più avviene durante la notte" [Aisrp, E 86 c]. Il giorno successivo la Viberti è libera e gli operai possono recarsi "al comizio di Piazza Sabotino dove ha luogo una grande adunata di popolo". [ivi].

Alla fine del conflitto la situazione della Viberti è tutt’altro che positiva: secondo i bilanci aziendali, reperibili all’interno della domande di indennizzo per danni di guerra, quasi il 60% dell’intera area industriale è stato raso al suolo dalle bombe alleate.

Ma la volontà di continuare ed il debutto sul mercato di nuovi prodotti di vasto successo (come ad esempio l’autosnodato a tre assi creato nel 1950) consentono all’azienda di corso Peschiera una rapida ripresa: nel primo dopoguerra la Viberti si presenta con una superficie più che raddoppiata (circa 146.000 metri quadrati) e ben 2.000 operai.

Tra il 1952 e il 1960 la Viberti è protagonista di una serie di importanti acquisizioni (si ricordino ad esempio quella della Officina Carenzi di Piacenza e della Officine Adige di Verona), che consentono al gruppo torinese di "raggiungere quote di mercato eccezionali ed una varietà di prodotti impensabile per la concorrenza" [Archivio storico Viberti] .

La grande espansione rende necessaria la costruzione di un nuovo stabilimento più adatto ad accogliere le nuove esigenze aziendali, così nel 1969 dal vecchio complesso di Borgo San Paolo le lavorazioni sono trasferite a quello di Nichelino, di nuova costruzione ed attuale sede della società.


Fonti citate

Archivio:

Archivio Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea (Aisrp), b. E 86, f. c, sottofasc. 7;

Archivio di Stato di Torino, Intendenza di Finanza, Reparto VI, Danni di Guerra, Cartella 3442;

Archivio storico Viberti, Viberti: 80 anni di storia, storia d’impresa reperibile sul sito ufficiale della società;.it

Bibliografia essenziale:

Federazione dei Fasci di combattimento di Torino, Rassegna provinciale "Torino e l’autarchia", pubblicato dall’Ufficio stampa dei fasci di combattimento, Torino, 1939.

 
       
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