Le reti di Danilo Dolci – collana “Testimoni della libertà”. La ricerca

di Marco Grifo

Studioso di storia dei movimenti sociali, degli intellettuali e della società civile dell’Italia repubblicana Marco Grifo è  autore de Le reti di Danilo Dolci. Sviluppo di comunità e nonviolenza in Sicilia occidentale (Milano, Franco Angeli, 2021, pp.344), ultimo volume della collana “Testimoni della libertà”, vincitore del premio  Faustino Dalmazzo  2020. 

Abbiamo chiesto a Marco Grifo di raccontarci la sua ricerca.

La ricerca da cui nasce questo libro inizia nel 2016 quando, durante un lavoro di schedatura di alcuni giornali cattolici, m’imbattei in alcuni articoli su Danilo Dolci. Conoscevo già la sua figura e, in particolare, il suo famoso sciopero alla rovescia del gennaio 1956. Ciò che m’incuriosì in quegli articoli furono però i lunghi elenchi di estimatori e sostenitori. Da ciò nacque l’idea di approfondire lo studio delle reti che, fornendo risorse finanziarie, umani e culturali, avevano reso possibile l’attività di Dolci in Sicilia. L’idea divenne un progetto e quest’ultimo una ricerca sviluppata con la borsa di dottorato dell’Università di Firenze. La ricerca, infine, è diventata un libro grazie all’assegnazione del Premio Faustino Dalmazzo.

 Il libro ricostruisce la formazione della sfaccettata personalità pubblica di Dolci, la sua innovativa pratica nonviolenta, e i suoi progetti di sviluppo socio-economico per la Sicilia occidentale. Il libro si concentra soprattutto sulla capacità di Dolci di esercitare una singolare attrazione su ambienti politici e culturali molto diversi. Socialisti, anarchici, olivettiani, valdesi, cattolici eterodossi, liberalsocialisti e azionisti di tradizione meridionalista costituirono i nodi delle reti che si formarono intorno all’esperienza di Dolci. Riconoscendosi in un retroterra comune ispirato al lavoro di base, queste personalità cercarono una difficile convivenza tra istanze tipicamente “riformiste” e modelli di intervento “radicali”. In questa dimensione di rete, dunque, l’esperienza di Dolci assume “senso”, restituendoci un’inaspettata immagine sull’attivismo degli anni Cinquanta e Sessanta.

Tra le varie fonti utilizzate mi piacerebbe qui citare il libro di Goffredo Fofi Strana Gente (2012). Si tratta di un diario che accompagna il lettore in un viaggio incessante, svolto dal giovane ventitreenne Fofi, da Nord a Sud, dalla Torino industriale alla Calabria contadina, incontrando personaggi come Raniero Panzieri, Manlio Rossi-Doria ed Ernesto De Martino, Carlo Levi ed Ernesto Rossi, Pier Paolo Pasolini e Claudio Napoleoni, Gigliola e Franco Venturi, Angela Zucconi e Norberto Bobbio. Queste immagini del viaggio e dell’incontro sono estremamente calzanti per descrivere il mio lavoro di ricerca. Si è trattato di un viaggio reale per me, che durante il mio lavoro di ricerca ho peregrinato per diverse città italiane e non solo, e di un viaggio metaforico per il lettore, che si ritroverà a ripercorrere i percorsi di tanti giovani attivisti che dalle diverse parti della Penisola, dell’Europa e del mondo hanno raggiunto Dolci in Sicilia. Durante i miei viaggi di ricerca ho studiato in grandi città e piccoli comuni come Torino, Milano, Roma, Firenze, Castelbolognese, Partinico, Gibellina, Torre Pellice, Philadelphia e Boston. In questi luoghi ho potuto muovermi non soltanto nello spazio ma anche nel tempo incontrando, non fisicamente, ma attraverso i loro diari, lettere e scritti, i diversi personaggi che negli anni ’50 e ’60 costituirono la rete oggetto di questa ricerca.  

Con questo libro spero di essere riuscito a mettere, almeno parzialmente, in discussione la consolidata visione del rapporto Centro-periferia. Le zone di azione di Dolci, infatti, benché periferiche acquisiscono una notevole importanza se le guardiamo nell’ottica della formazione di attivisti e intellettuali negli anni ’50 e ’60. I luoghi di Dolci si presentano, difatti, come un vero e proprio crocevia in cui s’intrecciano storie individuali che poi hanno avuto grande importanza in altre sperimentazioni e luoghi. In quest’ottica dunque il libro non soltanto vuole dare spazio a un laboratorio civile e sociale molto spesso trascurato dalla storiografia, ma anche restituirgli la giusta dimensione plurale che l’ha caratterizzato, attraverso la ricostruzione prosopografica degli attivisti che hanno reso possibile l’attività di Dolci.  

 

 

 

 

 

 

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