La guerra in classe mattina per mattina. Un percorso non solo per chi insegna storia

di Enrica Bricchetto

* questo articolo è stato pubblicato nel numero speciale di “Essere a scuola”, a cura di Pier Cesare Rivoltella, open access, aprile 2022 – per scaricare l’intero fascicolo clicca qui

24 febbraio 2022, tra le 8 e le 9 del mattino

E’ la prima mattina di guerra. Nelle settimane precedenti Putin ha minacciato l’invasione. Il 24 febbraio, alle 5 del mattino ora italiana, è cominciata.

In classe tutti gli insegnanti hanno attinto a una competenza che nel linguaggio didattico si chiama “Regolazione”. Significa che il Lesson plan di quella mattina doveva essere messo da parte. Non era scontato che gli allievi reagissero subito a quello che stava succedendo. D’altra parte, se non lo avessero fatto all’insegnante sarebbe toccato decidere se affrontare o no il tema. Con flessibilità, in ascolto, tutti i docenti hanno affrontato quello che veniva dagli allievi.

Per chi era più  informato, per chi era sostenuto dalla sua disciplina forse la reazione è stata più pronta. Per tutti però il primo giorno in cui un evento irrompe nella vita e nella scuola significa misurarsi con una situazione drammaticamente nuova, affrontare  l’emergenza  con i mezzi e le idee che ha a disposizione, in una situazione di ascolto, di osservazione verso gli allievi che fanno fatica a realizzare quello che sta succedendo, nonostante  si parli di Ucraina con una certa continuità già dal 2014. Questa guerra tocca da vicino. 

Giorni successivi di guerra, in classe

Dopo la Regolazione, è il momento della Trasposizione didattica, altra competenza fondamentale per l’insegnante. I saperi disciplinari sono propri dell’insegnante esperto che deve trasformarli, renderli insegnabili. 

Qui la prospettiva disciplinare cambia il modo di affrontare l’hic et nunc.

Concentriamoci sul docente di storia,  “privilegiato” nel parlare di un oggi di cui la scuola dovrebbe essere permeata, indipendentemente dalle materie insegnate. Non è così.

Nel caso di questa guerra  – più che in altre situazioni –  l’insegnante deve fare i conti con quello che gli allievi sanno già, che assorbono dalla sfera mediatica, costruendo significati – in molti casi –  fuorvianti, falsi, non fondati.

Per affrontare un momento come questo sono 4 i piani che si intersecano: i saperi dell’insegnante (1); se e come l’attualità o le questioni socialmente vive –  come le definisce Charles Heimberg  – siano già parte della didattica quotidiana (2); come un percorso di contenuti e risorse possa fare da punto di partenza per la preparazione dell’insegnante di storia o di materie umanistiche (3); come trasformare i propri saperi specifici in attività per gli studenti (4).

1) I saperi dell’insegnante 

Come ha scritto tante volte Antonio Brusa, non ci sono siti deputati all’informazione dell’attualità per gli insegnanti, come in Francia per esempio, per gestire le emergenze della contemporaneità. Vivere nella dimensione onlife significa sentirsi parte – almeno da spettatori – di quello che avviene nella dimensione reale e in quella digitale.

Quindi ogni insegnante – incluso quello di storia  – si muove tra la sua consueta modalità di seguire le notizie – legge i quotidiani, portali, blog, guarda talk show, segue profili e pagine social – e la sua formazione disciplinare.

Guardare i fatti dal punto di vista storico significa “mettersi gli occhiali di” e  avere presente i nuclei fondanti procedurali propri della disciplina: il tempo, l’ordinamento di fatti e fenomeni, la periodizzazione, l’analisi delle fonti, la ricostruzione storica e il racconto storico. 

A questi si aggiungono i concetti fondanti, attorno ai quali si aggregano temi e contenuti:  la globalizzazione, il rapporto fra locale e globale, i cambiamenti politici, antropologici, culturali, demografici e ambientali, rivoluzione digitale e l’innovazione. Tutti questi definiscono il momento storico che stiamo vivendo e che si differenzia dal Novecento classico, ha caratteristiche nuove (cfr.  interventi di Antonio Brusa su Historia Ludens e Lab21 https://www.labsto21.it/): dalla rivoluzione di Internet – dagli anni ‘90 del Novecento –  tutto è cambiato ed è con questo cambiamento che è necessario confrontarsi.

La  struttura disciplinare,  in questo senso, diventa generativa e porta il docente a farsi le domande fondamentali sulle ragioni degli eventi.  Tali eventi li assimila dal proprio modo di informarsi, dai suoi  percorsi personali nell’informazione intrecciati con la sua cultura storica e non ultimo – si veda infra l’articolo di Gianna Cannì – anche da dove vive e da che posizione si prende.

Tutto questo guida  il docente a organizzare il suo sapere rispetto alla contemporaneità che include  la guerra in Ucraina per  decidere poi come trasformarlo in attività didattiche.

2) Questioni socialmente vive

Consultare in classe ogni giorno almeno una volta il portale di un quotidiano è un  modo per aprire la porta alle questioni socialmente vive oppure ascoltare tutti i giorni i titoli o un intero giornale radio o seguire un podcast di stretta attualità. Se si ha a disposizione un computer e un videoproiettore iniziare la mattinata scolastica affrontando, anche in modo rapido, quello che sta succedendo in Italia e nel mondo, magari lasciando un po’ di tempo agli studenti per leggere in silenzio o per ascoltare con le proprie cuffiette, se hanno tablet o cellulari, e poi discutere,  trasforma un semplice esercizio di informazione in un serbatoio di questioni socialmente vive, perché studenti leggono le notizie e le commentano dal loro punto di vista.

Diventa un “lavoro quotidiano” che, se applicato con costanza, porta gli studenti a ricostruire il contatto con il mondo al di fuori del loro sé. E’ una possibilità importante che la tecnologia offre.

Di sicuro se affrontare l’attualità non era una pratica diffusa tra i docenti, i fatti inediti e sconvolgenti degli ultimi anni l’hanno senz’altro imposta. C’è stato il giorno dopo l’attentato di Ankara o Charlie Hebdo, o l’attentato al Bataclan, per citarne soltanto alcuni ma c’è stata soprattutto la lunga fase della pandemia, quando districarsi tra le informazioni stando in isolamento, è stata per tutti una sfida. 

Allora forse, innovare lo studio della storia può partire proprio da qua. 

Si potrebbe obbiettare che il docente non è un tuttologo e non può essere sempre  in grado di improvvisare spiegazioni.  Il docente che pone la sua attenzione alle macrovalenze indicate nel paragrafo precedente – globalizzazione e movimenti di popolazioni – ha un cantiere sempre aperto che gli consente di uscire dall’emergenza ed essere attrezzato per affrontare l’attualità e metterla in prospettiva storica. Per lo studente, questo risponde alla sua richiesta  di senso: studio la storia per capire fino in fondo che cosa succede intorno a me, in che mondo vivo e implicitamente come il passato condizioni il  presente e il futuro.

3) Un possibile percorso per la formazione dell’insegnante

Proprio perché il docente non è  un tuttologo, il percorso che si presenta qui di seguito, può essere utile. Tutti i materiali e le risorse citate in questo articolo possono essere reperite nel Padlet

 

Si affronta la prima delle questioni importanti rispetto a come insegnare durante una guerra come quella che si sta svolgendo in Ucraina. Si è già parlato di percorsi personali di informazione che mettono insieme prospettiva storica e rapporto con l’informazione.

Ci sente sopraffatti dall’informazione e si dedica tempo a selezionare i contenuti.

Si propone per questo un percorso soggettivo, realizzato  con l’intento preciso di suggerire un modello che sia di orientamento, una sorta di bussola ma che allo stesso tempo si presta a essere stravolto, cambiato e soprattutto  integrato.

La scelta della app – Padlet – è funzionale. Ognuno può farne copia e modificarlo oppure aggiungere risorse.

La partenza è il sito Historia Ludens, dove Antonio Brusa il 25 febbraio 2022 – il giorno dopo – ha scritto un primo articolo con  indicazioni disciplinari molto precise.

Propone di usare gli strumenti del Laboratorio del tempo presente, di cui ha scritto in molti articoli su HL. Per non essere presi alla sprovvista bisogna istituzionalizzare all’interno delle proprie lezioni il Laboratorio del tempo presente. Questo in realtà è uno spazio in cui il docente può collocare giorno per giorno quello che succede e darne una spiegazione dal punto di vista storico, includendovi temi storiografici e fonti storiche (cfr A. Brusa, Cinque competenze per evitare un naufragio. Il Mediterraneo e il laboratorio del tempo presente, “Historia Ludens”, 30 agosto 2014).

E’ un tema ben spiegato e trattato da Brusa in molti articoli e saggi. In quello sull’Ucraina, lo esemplifica. Queste sono le azioni principali:

  1. Si parte da un punto fermo, ineludibile: la Russia ha invaso l’Ucraina e sta bombardando (anche) obiettivi civili. Per quante attenuanti e motivi a favore possa avere, si tratta di una violazione del diritto internazionale indiscutibile. Il docente prende posizione
  2. Produrre una timeline. Recente (dal 1991) e quella di lungo periodo, dall’Ottocento ad oggi
  3. Analizzare i soggetti implicati direttamente, preparando una scheda economico/militare, e una nella quale si registrino le cause (soggettive) del conflitto, gli obiettivi politici, alleanze, le prospettive
  4. Analizzare i soggetti implicati indirettamente (Cina, Europa, Turchia, altri paesi)
  5. Analizzare l’attività delle organizzazioni internazionali (a partire dall’ONU)
  6. Analizzare per quanto possibile le fonti.

Ritengo queste indicazioni di Brusa un buon punto di partenza anche se, stando vicino alla narrazione che viene fatta dai media, con quanto più possibile attenzione a controllare l’origine delle notizie, mi soffermerei anche – e molto – sull’impatto sociale e sulle conseguenze  della guerra tra i civili da una parte e dall’altra.  Ci arriviamo più avanti.

Per prepararsi  agli aspetti che Brusa propone di sicuro la lezione di Simone Attilio Bellezza e il suo libro sono molto utili.

Anche nel sito di Istoreto si possono trovare buoni spunti. Intanto la videolezione della storica Antonella Salomoni – che ha scritto un libro importante sul massacro di Babij Yar, danneggiato durante questa guerra,  molto chiara sul contesto che ha portato alla guerra in Ucraina a partire dalla dissoluzione dell’URSS.

L’articolo di Giovanni De Luna pubblicato su “La Stampa” porta a riflettere sul ruolo che hanno i social media durante questa guerra: li paragona a Radio Londra perché riescono a fare girare le informazioni tra le persone. L’ultimo contributo è molto interessante. E’ una tavola rotonda tra storici – Marcello Flores – e i giuristi Edoardo Greppi, studioso di Diritto internazionale, e Alberto Perduca, già appartenente all’Ufficio del Pubblico ministero del Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia, che riflettono sulla trasgressione del trattato di Roma da parte di Putin e sull’indagine avviata dal tribunale internazionale de L’Aja che ha già inviato i suoi ispettori in Ucraina.

La sezione del sito della Fondazione Feltrinelli Pronti, mirare, fuoco/ Un mese di guerra: i fatti, le voci, gli impatti consente di utilizzare una linea del tempo del primo mese di guerra  e propone un percorso di approfondimento con brevi articolo di storici, economisti analisti politici. Molto utili per fare chiarezza.

Consiglio soprattutto l’articolo di Gabriella Gribaudo che inserisce questa guerra nelle guerre del Novecento. Ci sono delle simmetrie tra questa guerra e la seconda guerra mondiale. Una di queste è l’attacco ai civili che mediaticamente sono rappresentati di più dalle donne e dai bambini. Bombardare obiettivi strategici significa radere al suolo anche quello che sta attorno e demoralizzare il paese colpito.

Sulla questione delle simmetrie è fondamentale il discorso sulla propaganda interna alla Russia, paese privo di libertà di espressione e in cui non solo l’opposizione è messa a tacere ma la propaganda ha costruito una verità “alternativa”, quella dell’operazione speciale e non della guerra di aggressione.

Come in realtà attraverso i social media e l’uso del VPN sia entrata in Russia la vera faccia della guerra è stato trattato da Cecilia Sala, nel suo podcast Stories. Ha più volte intervistato genitori in Russia e figli in Ucraina, dimostrando la forza della propaganda russa.

E’ sempre da questo podcast che si può completare il discorso della propaganda, che coinvolge appieno anche l’Ucraina, a partire dalle scelte del presidente Zelensky e dalle cifre sui caduti, non facili da controllare. Su questo sono molto interessanti l’articolo di “Micromega” e anche il podcast di Francesco Costa sull’app de “Il Post” (questo è in abbonamento), che si trovano nel Padlet come tutte altre risorse citate.

Due articoli servono per affrontare il tema delle fake news nei social e degli anticorpi da creare negli allievi.

E’ da tenere presente che i siti suggeriti sono in aggiornamento continuo quindi possono diventare luoghi di riferimento costanti per la realizzazione delle lezioni.

4) Trasformare i propri saperi specifici in attività 

La trasposizione didattica implica la trasformazione dei saperi esperti in saperi insegnati, adatti agli allievi, essenziali e adeguati e non semplificati.

A livello di metodo si consiglia di procedere seguendo le tre azioni didattiche dell’ “anticipare”, “produrre” e “riflettere” che sono alla base degli Episodi di Apprendimento Situato.

La trasposizione, attraverso l’uso di mediatori, consente di proporre alcuni contenuti inclusi nel Padlet.

La prima attività riguarda la colonna Premessa. E’ senza dubbio un’attività che riguarda l’anticipazione.

Vi si trova il trailer di un film del 2008 – Ogni cosa è illuminata – che era integralmente ambientato in Ucraina, tratto dall’omonimo romanzo di  Jonathan Safran Foer. Analizzare il trailer significa tornare all’Ucraina degli anni ‘90 e vedere un mondo in difficoltà ma pieno di speranze. Il protagonista cerca le tracce della storia del nonno, un ebreo scappato in tempo prima che la Shoah selvaggia si abbattesse su Trachimbrod, facendolo scomparire per sempre. Jonathan è  anche un collezionista di oggetti del passato.

Una delle colonne del Padlet è dedicata ai podcast, che sono ormai molto diffusi. E’ innegabile che un podcast scritto bene, narrato bene, a più voci e con la musica abbia una carica comunicativa fortissima: da quelli di Choramedia a quelli de “Il Post” a molti altri presenti nei portali dei quotidiani o su Rai Play Sound.

In particolare il suggerimento – probabilmente scontato – è quello di ascoltare ogni giorno Stories, il podcast di Cecilia Sala, la prima inviata podcaster che, attualmente, è al secondo viaggio in Ucraina.

Perché partire proprio da lei? Non è banale precisare che è giovane, ha ventisette anni, è una giornalista ma ogni giorno raccoglie interviste, suoni e storie che manda via WhatsApp a Choramedia dove il podcast viene creato.

L’attività è l’ascolto. Insieme. Coinvolti e stupiti. Senza dubbio, da lì, possono partire domande, richieste di chiarimenti, spiegazioni  o riflessioni, anche strampalate, ma sempre da accogliere. Ma raccogliere informazioni o storie consente anche di far creare podcast agli studenti. Produrre piccoli formati audio ha dietro una ricerca precisa, obbliga a scegliere e a riflettere.

Di sicuro sentire il podcast di Cecilia Sala porta gli allievi a seguirla su Instagram dove lei fa le storie e mette le sue foto. E’ come aprire una porta. Non è detto ma nei loro profili può entrare una voce diversa, che potrebbe aprire altre porte. E’ una traccia.

Ascoltare è anche, per il docente di storia molto contemporanea, accogliere le fonti di informazioni dagli adolescenti. Far presentare i loro luoghi di informazione, far raccontare quello che sentono ma anche quello che dicono loro i compagni e gli amici. Farli raccontare.

Qui l’attività è condividere. E’ il momento in cui il docente apprende soprattutto che ci sono terzi spazi in cui gli studenti apprendono e si scambiano informazioni.

Un’altra attività interessante parte dalla sezione Fact-checking del quotidiano online “Open”.  L’attività è di analisi. E’ possibile analizzare tutto il processo che porta dalla segnalazione alla confutazione delle false notizie.

Ogni allievo può trasformarsi in un fact-checker se opportunamente stimolato.  Dobbiamo in pratica convivere con il dubbio e fare in modo che diventi un’abitudine mentale per gli adolescenti. Perché un punto fondamentale per affrontare il caos cognitivo in cui siamo immersi è quello di chiedersi e capire quale è la fonte delle notizie che circolano. Non sempre è possibile identificarla ma è necessario instillare la domanda, instillare il dubbio.

 

Attività di laboratorio. Contro gli anacronismi: termini storici e le simmetrie di questa guerra con la seconda guerra mondiale.

Si propone la lettura degli articoli di Giovanni De Luna e di Gabriella Gribaudi. Si suggerisce di creare un elenco dei termini più utilizzati, che hanno un chiaro riferimento alla storia del Novecento e definirli esattamente in relazione al passato e al presente.

Termini come bombardamenti, resistenza, propaganda, profughi,  occupazione (la puntata 58 del podcast di Cecilia Sala è iilluminante) si inverano durante la guerra attuale. Analizzarli nel momento storico preciso aiuta a chiarire meglio i contorni di questa guerra. L’analisi dei termini può essere anche accompagnata da un corredo di immagini. Il momento della riflessione può aiutare a mettere a fuoco il concetto di anacronismo: non si può guardare il passato con gli occhi del presente.

 

L’ultima colonna del Padlet

Questo tentativo di percorso con le proposte didattiche, visto dalla fine, è del tutto incompleto: per temi e per attività.

L’idea dell’ultima colonna del Padlet è che si uniscano le forze: manca in questo percorso la guerra guerreggiata, mancano le madri, manca la perdita, manca l’assistenza, manca la solidarietà, manca la riflessione sul racconto della guerra nel genere classico delle corrispondenze, manca come la guerra cambia ognuno di noi e come cambia chi smette di osservare e dà un aiuto concreto. Mancano anche tante attività didattiche. A questo serve l’ultima colonna del Padlet.

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